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Introduzione

(Edit Rózsavölgyi)

 
     
         
   

Dal 17 al 27 giugno 2001 è stata organizzata dal Centre Interuniversitaire d'Études Hongroises dell'Université de Paris III Sorbonne Nouvelle a Parigi, nell'ambito di un Erasmus intensive program (28472-IC-1999-1-FR-ERASMUS-IP-3) un congresso internazionale intitolato La transition en Hongrie et ses conséquences sur les arts plastiques, une étude comparée avec l'Estonie. Vi hanno partecipato sette università europee (Università di Vienna - Austria, la Humboldt-Universität zu Berlin - Germania, l'Universität Hamburg - Germania, l'Eesti Pollumajandusülikool di Tartu - Estonia, la Debreceni Kossuth Lajos Tudományegyetem - Ungheria, l'Università degli Studi di Padova "Il Bo" - Italia e la Jyväskylän Yliopisto - Finlandia) con studenti, docenti ed esperti del campo. Il convegno è stato proposto principalmente come trampolino per gli studenti interessati a svolgere un'attività di ricerca. Da Padova sono partiti tre studenti aventi un livello avanzato di conoscenza della lingua ungherese: Laura Sgariotto, PhD in Linguistica presso il Dipartimento di Discipline linguistiche, comunicative e dello spettacolo, Patrizia Dal Zotto alle prese con la sua seconda laurea in Lingue e letterature straniere (la prima l'aveva conseguita in storia dell'arte) e Roberto Bellocchi, laureando in Lingua e letteratura ungherese. Sono stati accompagnati dal Prof. Danilo Gheno docente di Filologia ugro-finnica e dalla Dr.ssa Edit Rózsavölgyi, C.E.L. di lingua ungherese la quale ha avuto anche il ruolo di guida e coordinamento del lavoro degli studenti in tutte le tappe dell'attività svolta.

   
         
   

Il gruppo di Padova ha studiato e presentato delle comunicazioni su caratteristiche e motivi di ispirazione italiana di alcuni artisti contemporanei ungheresi negli anni '90. Il titolo della presentazione era: Features and motifs of Italian inspiration of Hungarian contemporary artists in the '90s. Abbiamo cercato di capire attraverso l'analisi della creazione di alcuni artisti come e fino a che punto certi tratti e motivi chiaramente di ispirazione italiana siano diventati parte della scena dell'arte contemporanea ungherese. Il materiale è stato raccolto da cataloghi, riviste specializzate (Mûértô, Balkon), da interviste e contatti diretti sia con gli artisti che con i direttori e/o rappresentanti di gallerie e private e pubbliche, oltre che da fonti di Internet (gli indirizzi delle quali saranno dati nei luoghi appropriati). Nel periodo di preparazione Laura Sgariotto era a Budapest con una borsa di studio e ha potuto effettuare un grosso e prezioso lavoro e di raccolta materiale sul posto e di realizzazione delle interviste. E' stata poi preparata la video-conferenza presentata a Parigi. Visto che l'esperienza è stata molto positiva, vorremmo in questa sede riproporne alcuni aspetti fornendo conoscenze e notizie sulla vita culturale e artistica contemporanea ungherese.

   
         
   

Con questa introduzione vorrei dare una cornice a ciò che gli studenti racconteranno analizzando l'opera di alcuni artisti ungheresi contemporanei di rilievo. Gli artisti che presenteremo appartengono a varie generazioni. Nádler István è il più vecchio, essendo nato nel 1936: è un pittore di rilievo probabilmente meglio conosciuto per aver creato la bandiera ufficiale della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite. Imre Mariann, nata nel 1968 è la più giovane che proprio nel periodo primavera-estate 2001 esponeva a Milano Santa Cecilia, l'opera di influenza italiana per eccellenza della sua creazione. E' su loro due che ci si concentrerà maggiormente. Si è sentito il bisogno però di arricchire la panoramica con degli studi più brevi riguardanti il lavoro della generazione di mezzo nella creazione della quale i contatti italiani hanno avuto un ruolo importante. In particolare prenderemo in considerazione lavori di Köves Éva, Révész László László, Gulyás Gyula, Nemes Csaba e Tölg-Molnár Zoltán. Poichè la presenza femminile sulla scena dell'arte contemporanea ungherese sta diventando sempre più importante, abbiamo voluto illustrarla con le due donne-artisti soprannominate (Imre e Köves).

   
   

 

   
   

Abbiamo scelto artisti che operano in diversi campi come la pittura, la scultura, l'installazione e le arti grafiche, per allargare anche in questo modo la visuale sulle varie esperienze in atto nel mondo dell'arte contemporanea. Una cosa accomuna però tutti i nostri artisti: il fatto che negli anni '90 hanno visitato l'Italia per un periodo più o meno prolungato (il primo fu, tra il '92-'93, Nádler István e l'ultima, nel '98, Imre Mariann), per lo più con la borsa di studio dell'Accademia d'Ungheria in Roma, e quest'esperienza li ha segnati profondamente al punto da sentirsi ispirati e quasi costretti a trasmettere le influenze nella propria creazione degli anni successivi.

   
         
   

Parleremo di influenza non nel senso di correnti artistiche. Sembra infatti dalle interviste "vive" che tutto funzioni in un modo piuttosto naturale e istintivo. L'artista prende, "ruba" delle impressioni, delle idee, dei motivi, ecc. che inserisce nella propria opera a volte in modo quasi incosciente. E' più facile rintracciare e spiegare questi elementi "rubati" a posteriori, quando anche il creatore diventa più cosciente della propria scelta. Nel caso dell'Italia é naturalmente in gioco il fatto che in questo paese é concentrata una ricchezza artistica enorme, all'impressione della quale, ammettono i nostri artisti, é impossibile sottrarsi. Gli influssi italiani sono dunque evidenti e si presentano a livello tecnico, a quello stilistico oppure nei motivi stessi. Ci si concentrerà dunque su un particolare periodo di creazione di ogni artista, quello che rispecchia in qualche modo l'esperienza italiana, e si accennerá brevemente e solo dove è necessario, al resto.

   
         
   

Abbiamo contattato direttamente, oltre che gli artisti in qualche forma (incontro personale, inaugurazione di una loro mostra, intervista telefonica o per e-mail), László Helga, storico e manager d'arte indipendente, Készman József collaboratore della Nemzeti Galéria (Galleria Nazionale)

L'interno della Várfok Galéria   Néray Katalin direttrice della Ludwig Múzeum - Kortárs Mûvészeti Múzeum (Museo Ludwig - Museo d'Arte Contemporanea), Szalóky Károly direttore, Százados László e Böhler Nóra assistenti della Várfok Galéria e Deák Erika direttrice e Erdôs Anikó assistente della Deák Erika Galéria. Ringraziamo tutti per la disponibilità e la preziosa collaborazione offertaci. Con il loro aiuto presenteremo dunque anche materiale di assoluta novitá.

 

   
         
   

László Helga ha studiato a New York (Columbia University, Program in Arts Administration) dal 1992 al 1998, poi ha lavorato a Londra come art manager indipendente e collaborato con la University of London.

   
         
   
  La Várfok Galéria, di Szalóky Károly, è una delle gallerie di maggior successo a Budapest che rappresenta alcuni degli artisti contemporanei di maggior rilievo.

E' stato aperto nel 1990 nel centro storico (Vár - zona Castello) di Budapest come una delle prime gallerie private trattanti esclusivamente arte contemporanea. E' unica tra le gallerie ungheresi di arte contemporanea anche per il fatto che si sta espandendo. Il proprietario e direttore Szalóky Károly ci ha raccontato del suo progetto di voler creare una via intera nella zona del Castello (Vár) costituita da gallerie. Infatti su via Várfok, accanto alla Várfok Galéria sono state aperte altre due finora: la Spiritusz (la porta accanto a Várfok Galéria) e XO (di fronte a Várfok Galéria).

   
         
   

Deák Erika, dopo aver lavorato per 8 anni in una galleria a New York, è tornata in Ungheria e ha aperto nel 1998 la sua galleria, la Deák Erika Galéria (Budapest, Jókai tér 1.). Anche lei si occupa esclusivamente di arte contemporanea, sostenendo soprattutto artisti giovani i quali utilizzano anche i mezzi della media (video, foto, computer) nella loro creazione.

   
         
   

Il Ludwig Múzeum di Budapest (Budavári palota, zona Castello) che porta il nome del suo fondatore, é l'unico museo in Ungheria dedicato esclusivamente all'arte contemporanea.

   
         
   

Gli anni '90 rappresentano un periodo di grande svolta nella storia moderna dell'Ungheria e negli scambi tra l'Ungheria e gli altri paesi, soprattutto quelli occidentali, in ogni campo della vita, compreso quello culturale e artistico. E' noto che si tratta di un momento storico turbolento caratterizzato non solo da cambiamenti radicali, ma anche da molti aspetti contraddittori; si tratta di un momento in cui la società ungherese ha abbandonato il sistema comunista col potere centralizzato e si è avviata sulla strada verso l'economia del mercato e la democrazia parlamentare. Nella vita artistica cambiamenti erano iniziati circa 10 anni prima rispetto a quelli della scena politica. Già dai primi anni '80 il governo aveva allentato le restrizioni, la politica culturale divenne così più flessibile. Negli ultimi anni del regime di Kádár János fenomeni culturali alternativi prima inaccettabili furono tollerati e perfino supportati se non indirizzati direttamente contro il sistema politico. Fece la sua apparizione dunque una politica culturale umana, tollerante e perfino liberale accanto ai sistemi di controllo sofisticato e differenziato.

   
         
   

Hegyi Lóránd, uno dei massimi storici e critici d'arte scrive: "… Lo sviluppo autonomo in Ungheria come il relativo liberalismo che vi regnava negli anni '80, nonché la realizzazione di iniziative personali crearono una situazione nell'arte ungherese sensibilmente diversa rispetto agli altri paesi del blocco socialista … Si poteva viaggiare in Occidente, organizzare delle mostre e creare dei contatti con galleristi, soprattutto dell'area tedesca in Germania e Austria, i partners occidentali tradizionalmente più vicini dell'Ungheria…"

   
         
   

L'analisi di questo periodo di grandi cambiamenti nel vedere e vivere l'arte va oltre lo scopo di queste righe introduttive, ma è importante sottolineare che alla fine degli anni '70 e agli inizi degli anni '80 iniziative come l'apertura, nel 1981, della prima galleria privata, la galleria RABINEX di Kelemen Károly, nel centro di Budapest (che fu troppo avanti rispetto ai suoi tempi, infatti dovette chiudere dopo 3 anni) o la creazione di un'istituzione alternativa, il gruppo Új Szenzibilitás (Nuova sensibilità) per opera di Hegyi Lóránd, tra il 1981 e il 1987, solo per menzionarne alcuni, sono il segnale tangibile di uno status nuovo, di un'apertura dell'arte contemporanea ungherese, di un nuovo approccio all'arte in Ungheria e un'immagine completamente nuova dell'arte contemporanea ungherese all'estero. All'inizio degli anni '80 Hegyi Lóránd, allora curatore del Mûcsarnok (Kunsthalle Budapest) e responsabile per i rapporti con l'estero, portò all'estero alcuni artisti e organizzò alla Nemzeti Galéria la mostra dal titolo Új Szenzibilitás, i cui artisti cominciarono ad essere portati all'estero. Questo fu il gruppo di artisti contemporanei (Fehér László, Maczek István, Soós Tamás, ecc.) che rappresentò per la prima volta l'Ungheria all'estero e i quali sin da allora sono artisti di grande visibilità e successo sia in patria che all'estero.

Fehér László: Csók, esposizione all'interno della Várfok Galéria.

Verso la metà degli anni '80 un approccio più filosofico, meditativo e intellettuale diventa influente nel mondo dell'arte, un approccio che alla fine del decennio viene arricchito da un confronto con aspetti letterari, mitologici e storici incorporati in tutta la creazione artistica. Questo non vuole dire che gli artisti non fossero coinvolti in contesti sociologici e politici, ma a quell'epoca questi ultimi erano di importanza secondaria probabilmente perché un orientamento libero era già concesso per gli artisti anche in seguito a rapporti economici e culturali intensi tra Ungheria e l'Occidente.

   
         
   

I cambiamenti reali naturalmente arrivano dopo la caduta del Comunismo quando gli artisti possono creare in modo completamente libero e senza alcuna restrizione e nascono delle gallerie per vendere le loro opere d'arte. Durante il Comunismo il governo ebbe il monopolio sul commercio delle opere d'arte. Gli artisti furono membri della Mûvészeti Alap (Fondo Arte), una catena di gallerie possedute dal governo che fu l'acquirente principale. In seguito alla caduta del regime comunista si creò un vuoto. L'infrastruttura istituzionale ufficiale non funzionava più mentre un nuovo sistema di economia privata non poteva funzionare ancora nel modo adeguato.

   
   

 

   
   

Le gallerie di arte contemporanea a Budapest, che cominciarono ad apparire nel 1990, devono affrontare lo stesso problema del quale sono vittime le industrie in Ungheria: la mancanza di denaro e un duro periodo di assestamento e di transizione. Il mercato è giovane e le gallerie sono le prime a rendersene conto. Prima dei cambiamenti gli artisti non erano stimolati ad essere orientati verso il mercato. Lo stato comprò le loro opere solo perché avevano finito l'Accademia dellArte e quindi erano artisti. Nel nuovo sistema di mercato gli artisti sono rappresentati e sostenuti dalle gallerie e dipendono da esse. Ma non ci sono ancora delle regole comuni che definiscano il rapporto tra gallerie e artisti e molti di questi ultimi preferirebbero vendere direttamente dal proprio laboratorio escludendo la gestione di tipo manageriale dei galleristi. Può sembrare assurdo, viste le difficoltà che le gallerie devono affrontare in Ungheria, ma tutti sono d'accordo che a Budapest servirebbero ancora più gallerie in quanto ci sono troppi artisti per le gallerie esistenti.

   
         
   

Un altro problema frustrante che assilla sia gli artisti che le gallerie-sostenitrici é la mancanza del pubblico. I galleristi si lamentano del fatto che l'ungherese medio è poco istruito sull'arte contemporanea e non ha una cultura visiva adeguata. E' anche vero che l'arte contemporanea di solito non è indirizzata a gente comune, ma piuttosto a un cerchio ristretto di élite che ha già ottenuto una certa stabilità economica. "L'arte figurativa é un articolo di lusso - dice Deák Erika nell'intervista - ... Ma osserviamo che di questi tempi sempre più persone, e sempre più giovani (la generazione sui 30-40 anni) si mostra interesse all'acquisto di opere d'arte contemporanee, una volta raggiunta una certa solidità e benessere economico. L'arte contemporanea si sta gradualmente affermando come "status symbol"... Mi pare che in ogni epoca storica tutte le forme di arte contemporanea - non solo quelle figurative - non siano mai state accolte con favore dalla stragrande maggioranza delle persone, dalla gente comune. L'arte non vive nella dimensione della vita quotidiana, ma si é sempre rivolta ad una élite piuttosto ristretta, di solito i più ricchi..."

   
         
© Universitą degli Studi di Padova - Centro Linguistico di Ateneo
progetto: Edit Rózsavölgyi,
realizzazione grafica: Katia Carraro e Erik Castello
 

Una delle principali caratteristiche dell'arte contemporanea ungherese, che viene considerata da qualcuno come un fenomeno negativo, è la ricerca di ispirazioni al di fuori dell'ambito nazionale e la tendenza di seguire le correnti occidentali invece di creare un sistema o un linguaggio proprio dell'arte ungherese. Il fatto che i cambiamenti nel mondo dell'arte fossero avvenuti in modo del tutto pacifico e addirittura prima della svolta politica ed economica ebbe come conseguenza un'apertura immediata verso l'Occidente che produsse un effetto liberatorio da una parte e dall'altra il sorgere di dubbi e problematiche riguardanti il carattere nazionale dell'arte, la paura di perdere l'identità, i tratti tipicamente ungheresi che distinguono l'opera di un artista ungherese da quella di chiunque altro. Due tendenze opposte dunque tra le quali é difficile trovare un equilibrio.