home a la lingua ungherese a corsi e livelli a materiale disponibile a borse di studio a esami f
 
torna all'Introduzione
 
 

 

Lavori di studenti

IMRE MARIANN

(lavoro realizzato da Patrizia Dal Zotto)

 
     
         
   

Nasce nel 1968 a Medgyesegyháza, nell'Ungheria nord-orientale. Nel 1991 si diploma presso l'Accademia di Belle Arti di Budapest e nel 1994 ottiene il diploma post lauream in arti visive, presso la stessa istituzione. Sin dal 1992 partecipa a numerose esposizioni e vince diversi premi in patria e all'estero. Ottiene inoltre borse di studio per altri Paesi: Salisburgo (1993), Berlino (1994), Roma (1998, presso l'Accademia d'Ungheria). Le sue prime opere si inseriscono nelle tendenze minimaliste e concettuali dell'arte dei primi anni '90: è un'arte senza frontiere, che accoglie la multimaterialità, utilizza materiali diversi e insoliti nella creazione delle opere d'arte.

   
         
   

La sua sperimentazione sembra seguire le tendenze della neoavanguardia (sperimentazione di materiali diversificati e anche inusuali per le opere d'arte figurativa, superamento delle barriere tra pittura, scultura e architettura), ma il campo in cui svolge le sue ricerche, in un atteggiamento consapevolmente sperimentale, si può definire "tipicamente femminile". Attraverso alcune tappe, rappresentate da altrettante opere, arriva infatti a una tecnica artistica particolarissima che lei stessa definisce "cemento ricamato". Ma andiamo con ordine e analizziamo il percorso artistico che ha portato la pittrice Imre a muoversi in ambiti tipicamente femminili.

   
         
   

Imre Mariann pittrice nelle sue prime opere minimaliste e concettuali analizza la problematica del quadro, avviandone un processo di decomposizione. Questo oggetto costituisce per Imre un mondo chiuso: i colori, bidimensionali, ricoprono una forma quadrangolare (e non altre forme) racchiusa da una cornice. Per prima cosa elimina la cornice (inizialmente utilizza cornici trasparenti) e cerca, analizza relazioni tra gli oggetti, riflette cioè sull'ambiente, sullo spazio. Le installazioni che in questo modo viene a creare nei primi anni '90 riflettono sulla forma visiva, sullo specchiarsi, sulla trasmissione della forma negativa, sulla mancanza della forma (Szintek, 1993).
Al quadro-mondo chiuso sostituisce il contesto-mondo aperto. Non crea però un contesto dal nulla, ma aggiunge a ciò che già esiste, analizzando in questo modo l'ambiente. L'ambiente è il contesto, è ciò che sostituisce il quadro, l'ambiente significa relazioni tra gli oggetti, significa relazioni umane, l'ambiente è lo spazio, che diventa luogo, muro, casa, elemento femminile.

   
   

Opera significativa in questo processo di decomposizione del quadro e di riflessione sullo spazio, sull'ambiente-contesto, è Kék terem (Sala blu), installazione esposta a L'Aia nel 1993:frammenti di pittura raccolti in scatole trasparenti richiamano imitazioni del soffitto crollato, si tratta infatti di muri corrosi e sgretolati, dipinti di azzurro, ma la vernice e il muro stesso cadono a pezzi. Qui Imre è già oltre la pittura, è già oltre il quadro e questa opera è ricca di significati, simbologie e relazioni. Il muro è una creazione dell'uomo, ma qui è segnato dal tempo, è corroso, è rovinato. Il muro è una relazione nell'ambiente: divide lo spazio interno dallo spazio esterno, divide la casa, il luogo in cui vive l'uomo (l'uomo creatore) dalla natura, ma qui questa separazione crolla.

   
   
     
         
   

Dalla decomposizione del quadro passa a un processo di decomposizione del muro. Nei lavori successivi (Tagli nel muro, 1994), opera dei tagli nel muro, trafora il muro in forma di quadrati regolari: ritorna il concetto del quadro, ma qui è un'assenza, sono ferite nel muro, l'insieme viene violato da questi tagli. Il muro della casa è protezione per l'uomo, è perciò elemento femminile in quanto la donna è segno archetipico della protezione (la donna-madre). C'è inoltre un luogo comune, una identificazione usuale sul ruolo della donna: casa = donna, donna = casa. Questa identificazione è sottolineata da Imre quando inserisce nel muro frammenti di ballate popolari sulla donna. Tali inserimenti nel muro richiamano il sacrificio della donna (nelle leggende sulle costruzioni più ardite di ponti o di castelli, c'è spesso una donna murata viva: grazie al suo sacrificio la costruzione può essere portata a termine).

  Ma richiamano anche l'usanza (soprattutto medievale e rinascimentale) di inserire delle monete nelle fondamenta di nuovi edifici: il muro porta e nasconde il tempo. È chiaro che l'arte di Imre è intellettuale, così ricca di riferimenti-rimandi, ma si percepisce anche quanto quest'arte sia fatta di espressioni personalissime, i temi stessi sono personali e intimi.
   
         
   

In Esperimento anatomico (1997) il corpo di un uomo è murato in un quasi muro: si vedono parti anatomiche, si vede il sistema delle vene (ricamo con filo rosso su cemento). Anche in Esperimento di paesaggio (1996) la Imre utilizza il cemento, un materiale ancora poco usato nell'arte, che si identifica come materiale da costruzione (e costruzione facile e veloce del XX secolo), per scopi pratici, non come materia nelle mani dell'artista creativo.

Imre non utilizza il cemento (o non solo) perché è il materiale più adatto per rappresentare un muro, ma lo sceglie per la sensazione di pesantezza e per il carattere massiccio che dà all'opera: alla vista come al tatto risulta una massa grossolana, dura, immobile, anche nel colore grigio uniforme. Nelle opere successive Imre studia, analizza le possibilità fornite da questa materia: le sue sculture di piccole dimensioni, che rappresentano cose fragili, sono in contrasto/dialogo con il pesante cemento. Studiando le possibilità che questa materia offre alla creatività dell'artista, Imre Mariann arriva a ricamare il cemento: un assurdo, un nonsense, una sfida dell'impossibile.

   
         
   

Il ricamo: altro ambito tipicamente femminile, altra tecnica inusuale per l'arte. Il ricamo è (lo è sempre stato) un accessorio, un decoro, era ritenuto un lavoro per la donna che si annoiava, un passatempo per le nobili (a differenza della tessitura, lavoro femminile necessario), soprascrive un tessuto già fatto, è un di più. Il ricamo introdotto nell'arte è concepito e usato in modo diverso, applicato a materie diverse dal tradizionale tessuto (foto, cartoline, ecc.) non è più soltanto una tecnica decorativa, ma crea testi, diviene testo. Imre Mariann ricama cemento con fili colorati, ma il suo ricamo non è un ornamento che applica a una struttura già compiuta: ricama il cemento quando questo è ancora fresco e morbido e la struttura non c'è ancora, l'indurimento avviene in modo naturale, senza interventi ulteriori dell'artista che lo lavora solo finché è fresco; è un processo lento di realizzazione dell'opera. Usa colori primari che, sul grigio del cemento, risaltano nei loro significati simbolici (il verde è la vegetazione, il rosso è il sangue e la vita che emerge dal freddo cemento). Al lavoro maschile (la gettata di cemento) oppone il lavoro femminile (il ricamo), al materiale oppone lo spirituale, le due componenti dell'Uomo.

   
         
   

Ma analizziamo l'opera: dalla figura di cemento a terra escono verso l'alto dei fili, sul soffitto da una seconda sagoma escono dei fili verso il basso e al centro, a mezz'aria, i fili sono annodat

  Quindi tre sono i piani: la terra (il pesante corpo di cemento steso a terra), l'anima (la figura della santa fluttuante nell'aria, disegnata dai nodi), il cielo (la figura proiettata sul soffitto). I fili possono essere interpretati su diversi livelli:

  - il filo nella sua arcaica funzione di collegare il mondo terrestre con il mondo celeste, fare da tramite tra terra (gli uomini) e cielo (le divinità). Interessante notare come molti miti antichi ricordino questo, uno per tutti il filo di Arianna; ma anche nel cristianesimo i santi sono il tramite tra l'uomo e Dio.


 

 

 

 

 



- i fili della lira, strumento musicale a corda attributo di Santa Cecilia, protettrice della musica; gli strumenti a corda rappresentano la tensione tra gli istinti terreni e i desideri spirituali. (La lira è un attributo della santa in base a un episodio miracoloso della sua vita, ma non è necessario conoscere la Legenda Aurea per leggere l'opera di Imre, poiché comunica una chiara formula plastica che è indipendente dal titolo.)
Come questi fili anche l'artista mira a collegare tramite la sua opera la terra e il cielo, la materia e lo spirito, la forma e il contenuto. La Santa Cecilia di Imre è quindi anche metafora dell'arte.
   
         
   
  La Santa Cecilia rappresenta una tappa importante nel percorso artistico di Imre e nelle sue opere più recenti è possibile seguirne lo sviluppo successivo. Due opere, entrambe senza titolo, sono particolarmente significative e rappresentano due diverse direzioni in cui l'artista ha approfondito la sua ricerca: la corazza-camicia (1998) e il pavimento di cemento ricamato fiorito (1999).

 

   
         
   

La corazza-camicia tessuta con un filo di nylon (ancora una volta la tecnica è femminile) spiega l'aspetto di tensione verso l'alto che abbiamo trovato nella Santa Cecilia, ma include anche la trinità: è saldamente attaccata al pavimento e fissata al soffitto, nell'aria galleggia lo spirito-camicia. La corazza-camicia richiama anche diversi miti femminili e racconti di fate, dove il protagonista è donna.

   
         
   

Nel pavimento di cemento ricamato con motivi floreali Imre torna alla tecnica del cemento ricamato, è stato esposto alla XLVIII edizione della Biennale di Venezia (1999). Quest'opera spiega l'aspetto di tensione verso il basso, il terreno su cui noi camminiamo (i visitatori erano obbligati a calpestare quest'opera d'arte) rappresenta il livello più basso, è il luogo del disprezzo e dell'umiliazione. In queste due opere recenti il filo è il filo del tempo, il filo del destino. Il debole filo può sfidare il forte cemento.

   
   

 

   
© Universitą degli Studi di Padova - Centro Linguistico di Ateneo  

Imre Mariann ha visitato più volte l'Italia, non soltanto per motivi di studio, ma anche in viaggi privati, spinta dalla curiosità e attratta dalle bellezze del nostro Paese. Ciò che più colpisce Imre dell'Italia è l'arte religiosa, che si può trovare nelle chiese, in particolare a Roma e Firenze, città che ha visitato in più occasioni. L'arte religiosa si è sviluppata su due piani: la produzione dei grandi artisti e la produzione popolare, che generalmente si esprime in oggetti di piccole dimensioni. Nelle opere di Imre percepiamo infatti l'influenza dell'arte religiosa a due livelli: quella dei grandi artisti, come nella sua Santa Cecilia, e quella dell'arte popolare, come nell'ultimo lavoro, ancora in elaborazione, che si intitola Szívek (Cuori) e sono piccoli cuori di cemento ricamato. L'artista è rimasta impressionata dagli ex voto, generalmente cuori d'argento esposti in molte chiese, in particolare quelle dedicate alla Vergine. Imre ha iniziato questo lavoro durante il suo soggiorno a Roma, alla fine degli anni '90, creando un cuore ogni giorno: può essere interpretato come una sorta di diario del suo viaggio romano.

   
         
progetto: Edit Rózsavölgyi,
realizzazione grafica: Katia Carraro e Erik Castello
 

Come Imre stessa dice nella breve intervista, è stata influenzata dall'arte italiana più da un punto di vista stilistico che da un punto di vista tecnico, ed è tuttora attratta dalla cultura religiosa italiana.