TEXTOS PARA TRADUCIR
1. Uso del artículo
L'Italia e la Spagna sono paesi
mediterranei.
Il tuo cappello è veramente bello, dove l'hai comprato?
I suoi fratelli erano in montagna quando avvenne l'incidente.
Tu preferisci andare in strada con i tuoi amici o restare a casa con me?
L'Andalusia è la regione più meridionale della Spagna.
Voi che giocate a calcio dovete allenarvi molto per essere in forma.
Il ragazzo con gli occhiali è un nostro compagno di scuola ed è
molto simpatico.
Gli zii di Pietro sono tutti giovanissimi, tu li conosci?
Lo zingaro che cantava in piazza è lo stesso che abbiamo visto
l'altro giorno vicino al mercato.
Noi italiani siamo bruni mentre voi tedeschi siete biondi.
Ho visto Carmen con il vestito che si comprò ieri e stava veramente
bene; a lei dona molto il colore verde.
Dov'è la tua amica Isabella? E' andata in chiesa; verrà
più tardi.
Vorrei sapere dove sono le scarpe che ho comprate; non le trovo.
A Luigi piace portare sempre la cravatta, dice che si sente più
elegante.
A te piacciono di più le rose o i garofani? -Preferisco le rose.
Hai consultato il vocabolario di spagnolo per sapere che significano le
due parole che non conoscevamo?
Quelli che erano qui sono andati al cinema, e gli altri?
Tutti sanno che lo zucchero è dolce ed il caffé è
amaro.
Abbiamo comprato dello zucchero per fare la torta; vuoi aiutarci a farla
o vuoi mangiarla soltanto?
Il film che hanno dato in TV ieri era molto bello ma quello di oggi è
meglio ancora.
L'attore Kevin Costner è bravissimo e i suoi film sono tutti belli,
a te non piace?
Ciò che hai detto non mi sembra affatto giusto.
2. Uso dell'accusativo
personale
Ho visto Luigi con suo fratello.
Hai visto il vestito che c'era in vetrina?
Abbiamo trovato Paolo che aspettava Pietro.
Ho comperato cinque libri di un autore che non conoscevo.
Tu non conoscevi quest'autore? Io avevo letto tre libri suoi.
Bada i bambini perché non si facciano male.
Il prete benedì tutti i fedeli che assistevano alla preghiera.
Ieri ho visto un'opera del noto dramaturgo spagnolo Martín Recuerda
rappresentata da bravissimi attori.
Non approvo Carlo perché di solito fa quello che vuole senza pensare
agli altri.
Cercavano un meccanico perché riparasse la macchina che si era
fermata all'improvviso.
Se chiudi la porta staremo meglio tutti.
Conosci il ragazzo che era di fronte alla scuola? Lui conosceva te; lo
so perché disse il tuo nome quando passammo accanto a lui.
Devi consolare il tuo amico; è molto triste perché non è
riuscito a passare l'esame di Spagnolo.
Non contraddire tua madre, che abbia o no ragione; resterebbe molto male.
Abbiamo letto il libro che Giovanni ci prestò; non era interessante
quanto diceva lui.
Hanno licenziato molti lavoratori dalla fabbrica perché non produceva
più come prima.
Sveglia i tuoi fratelli; è ora di andare a lezione e non dovete
perderla.
L'altro giorno abbiamo visitato la famiglia di cui ti avevo parlato.
Questo politico convince facilmente la gente con la sua oratoria.
Hai scelto già il compagno con cui vuoi andare alla festa? Se scegli
Carlo ci sandrà volentieri.
Obbedisci i genitori, non vedi che loro vogliono soltanto il tuo bene?
3. Uso delle preposizioni
Vivo a Siviglia ma vado spesso a Cordoba.
L'anno prossimo andrò in Spagna e passerò un mese a Malaga.
Dietro alla casa c'era un bel giardino.
Fra te e me non ci sono mai stati problemi.
Vorresti venire con me al cinema se ci andassi domani?
Vuole imparare bene a guidare la macchina.
Il gattino si nascose sotto il tavolo.
Sul vasoio ci sono tre bicchieri ed una bottiglia.
Ho sentito alla radio una notizia sensazionale.
Davanti alla porta ho visto l'amico di Paolo.
Non fare niente contro di lui, non lo merita.
Senza di voi non andremo a nessuna parte.
Quanti chilometri ci sono da Roma a Napoli?
Dalla terrazza si vedono i tetti della città.
Verso dove vai? Ti posso accompagnare?
Questi fiori sono per una mia amica che compie gli anni oggi.
Siete sempre in giro per la città invece di studiare.
Secondo me non potrai passare gli esami se non studi un po'.
Vado a trovare la nonna perché è malata.
Porteremo i libri ai nostri compagni che ci aspettano.
La tua borsa è sulla sedia, prendila!.
Per chi sono quelle caramelle? Sono per i bambini.
Non lo vedevo perché era nascosto dietro alla porta.
Ho lasciato i guanti nel cassetto e adesso ho le mani fredde.
Domani abbiamo lezioni dalle due fino alle otto.
Questo quadro è stato dipinto da una famosa pittrice.
Fa questo per me, ti prego, non lo dimenticherò mai.
Lo vidi davanti al cinema ma lui non mi riconobbe.
Secondo loro sempre compravano tutto per gli altri.
Mi piace passeggiare per la città di pomeriggio.
4. Uso dell'imperativo
e del condizionale
Metti quello dove era; mettilo di nuovo nel cassetto.
Fate ciò che vi hanno detto e non parlate più.
Se lui venisse gli direi tutto.
Non guardare così la gente, puoi disturbare qualcuno.
Tutti facciano quello che devono fare.
Stiratevi il vestito prima di uscire.
Mi disse che sarebbe arrivato presto ma ancora non è qui.
Andiamocene! Qui non facciamo più niente.
Non stare a perdere il tempo invece di lavorare.
Saranno state le sette di sera quando arrivò la polizia.
Lavati i capelli presto, che dobbiamo uscire.
Vieni con me e ti porterò a vedere un film bellissimo.
Vorremmo che loro ci accompagnassero ma ci hanno detto di no.
Bambini, lavatevi le mani prima di mangiare.
Se fossero arrivati in tempo avremmo potuto andare al concerto.
Promisero che avrebbero fatto tutto loro e non l'hanno fatto.
Sarebbe stato meglio che tu non fossi uscito quel giorno.
Sai quanti erano? Non so, saranno stati diciotto.
Come devo dirtelo? Non prendere quello che non è tuo.
Prendi la penna e mettiti a scrivere immediatamente.
Laviamoci i denti e andiamo subito da loro.
Non credere tutto quello che ti dicono, tante cose non sono vere.
Esci presto oggi, non devi uscire sempre tardi.
Avevo detto che sarei andata lì perché credevo di poter
farlo.
Dimmilo, non ti punirò, sai che non lo faccio mai.
Prendeteli! sono per voi.
Se lui mi avesse confessato tutto, io l'avrei perdonato.
Credetemi, vi sto dicendo la verità.
5. Uso di SER/ESTAR
Maria è una ragazza bellissima.
Paola oggi è bellissima perché porta un vestito nuovo che
le dona.
Questa casa è molto bella ma è in un posto brutto.
Se fosse vero ciò che dici io lo saprei.
Perché stai a guardare? Studia un po' la grammatica.
Non so di chi sia questo quaderno.
Erano le tre e lui non era arrivato.
Noi siamo studenti perciò siamo in aula.
Se tu fossi medico lo potresti guarire ma non lo sei.
Quando saremo in Spagna visiteremo Siviglia.
Tu chi sei? Sei di qui? Non ti avevo mai vista.
Sono tutti a casa perché piove troppo.
Come sei bella oggi! Che ti sei fatta?
Non erano come pensavi tu; erano brave persone.
Che ore sono? -Sono le tre e quarantacinque.
Se sono qui è perché sono cugino di Carlo.
Loro sono malati; hanno l'influenza.
Non sei più giovane per fare queste cose.
Saranno qui fra poco e potrai parlare con loro.
Quanti ne abbiamo? Ne abbiamo 21 settembre 1999.
Non sono sicuro di niente in questo momento.
Era convinto che tutto fosse come lui diceva.
Non devi fare così, devi essere tranquillo.
La neve è fredda ed il sole è caldo.
Non era facile quella lezione di economia.
Erano molto stanchi e si vedeva.
Non so se sei davvero la figlia del mio amico.
Questi vestiti sono verdi ma io prefirei che fossero gialli.
Questi ragazzi sono intelligentissimi ma sono ancora immaturi.
Siamo davvero stufi di sentire sempre le stesse cose.
6. Uso di alcune forme
verbali
Pensavo di andare con lui al cinema ma restai a casa.
Ci chiesero di andare con loro al bar.
Il fatto che a te non piaccia non vuol dire che non sia vero.
Eravamo convinti che lui non volesse farlo.
Continua a dire che studierà ma ancora non ha cominciato.
Se credi di dover uscire con loro perché non lo fai?
Continuamente ci dicevano di accompagnarli e non capivamo perché.
Se ordina di fare quello che non devi fare, digli di no.
Speravamo di poter accompagnare loro in quel viaggio.
Se io dico di fare una cosa, la faccio.
Mi chiedi di telefonarti e non mi dici qual è il tuo numero.
Ti dirà di andare a casa sua domani, vedrai.
Mi convinse che era meglio restare a casa.
Quando vi dirà di dargli i soldi, non dateglieli.
Ero sicuro che fosse come lei aveva detto.
Se mi ordinasse di lavorare lo farei.
Confesso di averlo fatto male anche se non era la mia intenzione.
Vi siete accorti di questo? Vi siete accorti che mancano i soldi?
Non dirmi di studiare perché non vedo che tu studi nemmeno un giorno.
Credo che se pensasse di venire l'avrebbe detto.
Non penso di andare da lui oggi.
Loro erano convinti che tu li volessi bene.
Ci ha chiesto di prestargli molti dischi.
Credo di averlo fatto abbastanza bene.
Perché non confessi di essere stato tu?
Mi chiede sempre di regalarle fiori.
Non pensare che se mi dici di dartelo te lo darò.
7. Scaccia il pensiero
incongruo dalla (vedi da)
mente, alza lo sguardo al soffitto pavesato di salami che pendono da ghirlande
natalizie come frutti dai rami del paese di cuccagna. Tutt'intorno sulle
alzate di marmo l'abbondanza trionfa nelle forme elaborate dalla civiltà
e dall'arte. Nelle fette di paté di selvaggina le corse e i voli
della brughiera si fissano per sempre e si sublimano in un arazzo di sapori.
Le galantine di faggiano si distendono in cilindri grigiorosa sormontati,
per autenticare la propria origine, da due zampe uccellesche come artigli
che si protendono da un blasone araldico o da un mobile rinascimentale.
Attraverso gli involucri di gelatina spiccano i grossi nèi di tartufo
nero messi in fila come bottoni sulla giubba d'un Pierrot, come note d'una
partitura, a costellare le rosee variegate aiuole dei patés
de foie gras, delle soppressate, delle terrines, le galantine,
i ventagli di salmone, i fondi di carciofo guarniti come trofei. Il motivo
conduttore dei dischetti di tartufo unifica la varietà delle sostanze
come un nereggiare d'abiti da sera in un veglione mascherato, e contrassegna
l'abbigliamento da festa dei cibi.
Italo Calvino. Palomar
8. Quando Pin si sveglia
vede i ritagli di cielo tra i rami del bosco, chiari che (1) quasi fa
male guardarli. E' giorno, un giorno sereno e libero con canti d'uccelli.
L'omone è già in piedi accanto a lui e arrotola la mantellina
che gli ha tolto di dosso.
-Andiamo, presto, che è giorno, -dice. Hanno camminato quasi tutta
la notte. Sono saliti per oliveti, poi per terreni gerbidi, poi per oscuri
boschi di pini. Hanno visto gufi, anche; ma Pin non ha avuto paura perché
l'omone col berrettino di lana l'ha sempre tenuto per mano.
-Tu caschi dal (vedi de
con significato causale) sonno, ragazzo mio,-non vorrai mica che ti porti
in bracio?
Difatti Pin faticava a tener
gli occhi aperti, e si sarebbe volentieri lasciato andare nel mare di
felci del sottobosco, fino ad esserne sommerso. Era quasi mattina quando
i due sono arrivati allo spiazzo d'una carbonaia e l'omone ha detto: -Qui
possiamo far tappa.
Pin si è sdraiato sul terreno fuligginoso e come in un sogno ha
visto l'omone coprirlo con la sua mantellina, poi andare e venire con
dei legni, spaccarli, e accendere il fuoco.
Ora è giorno, e l'omone sta pisciando sulle le ceneri spente; anche
Pin si alza a pisciare vicino a lui. Intanto guarda l'uomo in faccia:
non l'ha ancora visto bene alla luce. Man mano che le ombre diradano dal
bosco e dagli occhi ancora appiccicati dal sonno, Pin continuerà
a scoprire in lui qualche particolare nuovo: è più giovane
di quello che sembrava e anche di proporzioni più normali; ha i
baffi rossicci e gli occhi azzurri, e un'aria da mascherone per quella
grande bocca maldentata e quel naso spiacciato sulla faccia.
Italo Calvino. Il sentiero dei nidi di ragni
(1) Nelle frasi comparative lo spagnolo richiede la particella comparativa
anche nel primo termine del paragone
9. Avevamo comperato due candele , le accesi entrambe.
Ti eri seduto sulla sponda del letto.
"Ti metto nei pasticci", dicesti. Eri di nuovo sicuro di te e parevi contento.
L'espressione del tuo volto si era addolcita e diventata
quasi infantile; parlavi col tono di un bambino che l'ha avuta vinta.
"Sai cosa pensa di me il babbo" dissi. "Dirà che sono stato io
a convincerti di non tornare"
(vedi di + inf.).
"Gli ho lasciato scritto che tornerò soltanto quando
avrò (vedi congiuntivo) trovato una nuova camera".
Le nostre ombre riempivano le pareti; la stanza era piuttosto alta di
volta e per questo sembrava più squallida e disadorna. Sotto il
finestrino c'era la cassa con le cianfrusaglie di famiglia che la nonna
aveva voluto affidarmi. Sul tavolo, alcuni libri, fra cui
(vedi cui) un grosso volume dell'ottocento ov'erano raccolte tutte
le opere di De Musset, in originale.
Pigliasti in mano il Musset, poggiandolo sulle ginocchia per aprirlo.
"Conosci il francese?"
"Cerco d'impararlo leggendolo"
risposi.
"Senza la grammatica?"
"Ho un piccolo vocabolario". Lo presi dalla parte opposta del tavolo e
te lo mostrai.
"Io uso la grammatica del Fiorentino, te la potrei prestare"
"Tu a che punto sei?"
"Sono stato bocciato proprio (vedi
proprio) in francese, l'anno scorso"
10. A osservarlo, capivo che Berardo era
disposto a tutto, pur di riuscire. Nessuno scrupolo
l'avrebbe trattenuto (vedi futuro nel passato). Egli non avrebbe
esitato a buttarmi fuori dal
finestrino, se avesse pensato che questo potesse essergli utile. A guardare
le sue mascelle, mi venive paura. "Se
avrà (vedi futuro) fame mi mangierà" pensavo.
Attraverso il finestrino si vedevano passare di corsa montagne, prati,
case, orti, giardini, campi, ruscelli, siepi, cavalli, vacche, pecore,
paesi, e poi di nuovo terre, terre, terre.
"Quante terre" mormorava Berardo tra i denti.
All'improvviso ci accorgemmo che due carabinieri erano entrati nella nostra
vettura e stavano interrogando ogni viaggiatore.
"Dove andate?" chiesero con arroganza anche a noi.
"Pellegrinaggio" rispose Berardo e porse una lettera di don Abbacchio
col timbro della parrocchia.
"Buon viaggio" ci augurarono i carabinieri.
Berardo sorrise.
Prima di scendere alla stazione di Roma, Berardo si strinse i lacci delle
scarpe e si sputò sulla palma delle mani, come chi è pronto
ad abbattere qualunque ostacolo.
A Roma predemmo alloggio nella Locanda del Buon Ladrone, che era stata
raccomandata a Berardo dal (vedi
da) viaggiatore incontrato nello studio di don Circostanza. Sulla
porta della Locanda vi era un'insegna che rappresentava le tre croci del
calvario. Per questo poteva pensarsi che il nome della locanda si riferisse
al famoso ladrone che fu crocefisso alla destra di Cristo e prima di spirare
riconobbe la sua divinità e in compenso ricevette la promessa:
"Oggi stesso sarai meco in Paradiso"
Ignazio Silone. Fontamara
11. "Appena
sarò (Vedi congiuntivo) in condizioni di viaggiare,
me ne andrò all'estero " don Paolo disse a Bianchina. "Non posso
più (vedi più)
vivere in quest'odioso paese"
"Cercami un posto e verrò anch'io" disse la ragazza.
L'idea di ritrovarsi con Bianchina all'estero divertiva
don Paolo (vedi accusativo personale).
"Se verrai (vedi futuro)
all'estero" disse "ti racconterò un segreto che ti farà
ridere"
"Non potresti raccontarmelo subito?"
Ma don Paolo non si lasciò convincere.
Berenice curava il prete secondo le prescrizioni del medico condotto da
Fossa. Egli aveva raccomandato in modo particolare di
distrarre (vedi di + infinito) il malato dai pensieri melanconici.
e di questo si era coscienziosamente incaricata Bianchina. Si capiva che,
trattandosi di un malato, la ragazza si trovava un po' impacciata nella
scelta dei mezzi. A tutta una serie di giocherelli e scherzi che avrebbero
divertito di sicuro don Paolo ma a scapito della sua salute, ella dovete
rinunziare. Essendo però una ragazza piena di risorse, ella riesumò
dai ricordi di collegio passatempi innocui che lo distraevano dal suo
umore nero, come, ad esempio, la corsa delle mosche. In collegio la corsa
delle mosche era praticata (vedi
pasiva refleja)soprattutto nelle ore di scuola.
Ignazio Silone. Vino e pane
12. Una notte alzatasi
(vedi participio passato) per andare a bere mentre attraversava
il corridoio Madame s'era imbattuta in Fabrizio fermo lì davanti,
che le aveva sorriso e aveva detto, si trovava in vestaglia: "Fa caldo,
stasera, è vero? Quest'estate non si decide a morire..." e allora
aveva annuitoi fingendo di credere
(vedi di + infinito) che lui stesse
(vedi congiuntivo) lì a respirare un alito di fresco
sebbene ci fossi da domandargli
(vedi da), un po' crudelmente, come potesse
(vedi congiuntivo) illudersi di prendere una boccata d'aria
in quel corridoio tutto chiuso e senza riscontri: ma perché umiliarlo
sino a questo punto?, e perciò aveva preferito mentire e unirsi
a lui in un banale generico commento sul tempo e affrettare il passo verso
la scala e scendere in cucina per liberarlo della sua presenza ma sapendo
bene ch'egli la seguiva con lo sguardo e magari era arrossito senza ritegno,
ora che lei gli voltava le spalle, proprio
(vedi proprio) per quella pietosa bugia alla quale entrambi avevano
finto di credere (vedi di
+ infinito) (così che in definitiva secondandolo in questo
ripiego lo aveva umiliato maggiormente); e poi in cucina, mentre indugiava
a bere, aveva avuto l'impressione che Fabrizio cercasse di girar la maniglia
della porta, che gli resisteva, supplicando: "Ti prego, Valeria, fammi
entrare prima che risalga... non farmi fare queste figure..." e allora
s'era trattenuta più del dovuto apposta per non ritrovarlo in corridoio
e infatti non ce l'aveva trovato, al ritorno, ma poteva anche darsi ch'egli
non fosse entrato, nella camera, e che si fosse nascosto in qualche altra
stanza giusto per non farsi sorprendere da lei quando sarebbe risalita.
Michele Prisco. Una spirale di nebbia
13. Dopo alcune settimane,
avevano raccolto qualche informazione. Durante il taglio dei capelli o
la rasatura, Frisella usaba fischiettare
(vedi usare + infinito) arie d'opera: a volte, ascoltando la
grossa radio ovale che trasmetteva dischi da
(vedi da) Roma. Ora, la radio era sempre accesa quando veniva
servito (vedi verbi ausiliari)
il maresciallo, e sempre, prima o poi, il barbiere si chinava su di lui
per bisbigliare qualcosa. A un occhio non sospettoso, ciò poteva
apparire pura e semplice deferenza verso un cliente, ma, un giorno, a
una spia di Pisciotta scappò l'occhio sulla banconota estratta
di tasca dal maresciallo per il pagamento. La banconota era piegata, e
Frisella la ripose nel taschino dell'orologio, sotto il camicie bianco.
Quando la spia e un compare lo costrinsero a mostrarla, videro che si
trattava di un biglietto da diecimila lire. Frisella giurò che
quello era il saldo di mesi di rasature e le spie finsero
di credergli (vedi di + infinito).
Tornato al campo sulle le montagne, Pisciotta espose il tutto a Giuliano
in presenza di Terranova, Passatempo e Silvestro. Giuliano si portò
al margine della rupe sovrastante
(vedi participio presente) Montelepre e rimase, intento, a
guardare (vedi forme durative) giù.
Mastro Frisella, il barbiere, aveva fatto parte del paese fin da quando
lui poteva ricordare. Da bambino era andato da
(vedi da) lui per farsi tagliare i capelli per la cresima, e ne
(vedi ci (vi) e ne) aveva ricevuto in dono una monetina d'argento.
Di lui, che gli aveva lanciato frizzi per la strada e che si era sempre
informato della salute dei suoi genitori, conosceva anche la moglie e
il figlio.
Mario Puzo. Il Siciliano
14. Più il tempo
passava, più gli orchestrali restavano cristalizzati nei gesti
-gli archetti sui violini, gli ottoni alle bocche- come cristalizzata
dal malvolere degli uomini , era la natura che ispirava la loro forzata
assenza di suoni. I gialli. i viola, gli azzurri sfiorirono sulle figure,
con lo spegnersi graduale degli effetti luminosi. E spuntò il nero
neutro, senza mistero, in cui sarebbe
precipitata (vedi futuro nel passato) la terra.
Il silenzio del concerto sortì un magico effetto: Si diffuse sulla
città e la sgomentò. Persino la Grande Giò, la notte,
ne (vedi ci (vi) e ne)
ebbe un incubo. Svegliandosi di soprassalto, pregò
il Piccolo Giò (vedi accusativo personale) di cantare
una romanza, ma il volatile rimase zitto.
Nei giorni seguenti, anche chi aveva riso di quello sciopero, fu afferrato
da (vedi da) una strana
infelicità; si rese conto di come fa presto ad avizzire un giardino,
dove di solito si portano a giocare i bambini e si sta seduti su una panchina,
a godersi il solicello che filtra nei pensieri. E si capì com'è
triste conoscere, una sera, la donna a lungo attesa e fantasticata, senza
poterle mandare, il mattino dopo, nemmeno un bouquet, perché la
saracinesca del fioraio è abbassata.
Si aggiunse che Zibì concesse la sua prima intervista nel nascondiglio
inaccessibile solo alle forze dell'ordine. Egli ribadiva che la cifra
con nove zeri, richiesta per la restituzione delle reliquie, la pretendeva
pagata in fiori. Colpirono la sua proprietà di linguaggio, l'imprevisto
delle citazioni e il tono scanzonato delle risposte:
"Lei ha fiducia nelle Autorità con cui sta trattando?"
"Ce l'ho"
"Ciò è sorprendente"
"Sarebbe sorprendente se gliela prestassi, questa fiducia. Sono certo
che non me la restituirebbero"
Alberto Bevilacqua. La Grande Giò
15. "Nel mondo accadono
certo molte cose nuove. Ma perché pensate che la colpa sia
(vedi congiuntivo) dell'Abate?"
"Perché ha dato la biblioteca in
mano agli stranieri e conduce l'abbazia come una cittadella eretta
in difesa della biblioteca. Una abbazia benedettina in questa plaga italiana
dovrebbe essere un luogo dove degli
(vedi del, dei,...)italiani decidono per cose italiane. Cosa
fanno gli italiani, oggi che non hanno neppure più un papa. Commerciano
e fabbricano, e sono più ricchi del re di Francia. E allora facciamo
così anche noi, se sappiamo far bei libri fabbrichiamone
(vedi ci (vi) e ne) per le università, e occupiamoci di
quanto avviene giù a valle, non dico dell'imperatore, con tutto
il rispetto per la vostra missione, frate Guglielmo, ma di quel che fanno
i bolognesi o i fiorentini. Potremmo controllare di qui il passaggio dei
pellegrini e dei mercanti, che vanno dall'Italia alla Provenza e viceversa.
Apriamo la biblioteca ai testi in volgare, e saliranno quassù anche
coloro che non scrivono più
(vedi più) in latino. E invece siamo controllati da un gruppo
di stranieri che continuano a condurre (vedi forme durative) la
biblioteca come se a Cluny fosse ancora abate il buon Odillone..."
"Ma l'Abate è italiano," disse Guglielmo.
"L'Abate qui non conta nulla," disse sempre sogghignando Aymaro. "Al posto
della testa ha un armadio della biblioteca. E' tarlato. Per far dispetto
al papa lascia che l'abbazia sia invasa di fraticelli.... dico di quelli
eretici, frate, i transfughi del vostro ordine santissimo... e per far
cosa grata all'imperatore chiama
qui monaci da tutti i monasteri del nord, come se da noi non avessimo
bravi copisti, e uomini che sanno il greco e l'arabo, e non ci fossero
a Firenze o a Pisa figli di mercanti, ricchi e generosi, che entrerebbero
volentieri nell'ordine, se l'ordine offrisse la possibilità d'incrementare
la potenza e il prestigio del padre. Ma qui, l'indulgenza alle cose del
secolo la si riconosce solo quando si tratta di permettere ai tedeschi
di... oh buon Signore fulminate la mia lingua che sto per dire cose poco
convenienti!"
"Nell'abbazia avvengono cose poco convenienti?" domandò distrattamente
Guglielmo, versandosi ancora
un poco di latte.
"Anche il monaco è un uomo," sentenziò Aymaro. Poi aggiunse:
"Ma sono meno uomini che altrove. E quello che ho detto, sia chiaro che
non l'ho detto".
"Molto interessante," disse Guglielmo. "E queste cose sono opinioni vostre
o di molti che pensano come voi?"
Umberto Eco. Il nome della rosa
16. Quanto a mia suocera,
ci dissuadeva dal cambiare casa
perché, nell'appartamento d'affitto che ora abitavamo, c'erano
pavimenti gialli, i quali, essa diceva, emanano una luce che rende bella
la carnaggione: e ci consigliava, se volevamo proprio comperare una casa,
di convincere (vedi di + infinito)
il proprietario a venderci quella: il che era, come avevamo cercato più
volte di spiegarle, inattuabile, perché né il proprietario
desiderava di vendercela (vedi
di + infinito), né noi, per vari motivi, desideravamo di
comperarla.
Dunque vi furono (vedi esserci)
due periodi nella ricerca: uno nel quale io cercai da sola, con fervore
ma insieme con timidezza e sfiducia, perché la diffidenza e la
sfiducia di mio marito si erano contagiate a me: e perché sempre
ho bisogno, nelle mie iniziative di natura pratica, che mi accompagni
l'assentimento di un'altra persona. Poi vi fu un secondo periodo , nel
quale mio marito cercò casa con me. Quando lui cominciò
a cercare con me la casa, scopersi che la casa che lui voleva non assomigliava
in nulla a quella che volevo io. Scopersi che lui, come me, desiderava
una casa simile a quella nella quale aveva trascorso la sua propria infanzia.
Siccome le nostre infanzie non si assomigliavano, il dissidio fra noi
era insanabile. Io desideravo, come ho detto, una casa con
il (vedi articolo) giardino: una casa al pianterreno, magari
un po' buia, con del (vedi del,
dei,...) verde intorno, edera, alberi; lui, avendo passato l'infanzia
parte in via dei Serpenti e parte in Prati, era attratto dalle
(vedi por) case situate in una di queste due zone. Degli alberi
e del (vedi lo) verde
se ne infischiava. Voleva vedere dalle finestre dei tetti: mura antiche,
scrostate, rosicchiate dal tempo, biancheria rappezzata sventolante
(vedi participio presente) fra umidi vicoli, tegole muschiose,
grondaie rugginose, comignoli, campanili. Così cominciammo a litigare:
perché lui scartava tutte le case che a me piacevano, trovando
che costavano troppo, o che avevano qualche difetto: e siccome anche lui
s'era messo a guardare gli annunci, sottolineava con la matita soltanto
le case che erano nel centro di Roma. Veniva con me a vedere le case alle
quali io m'interessavo, ma il suo viso era, prima ancora che salissimo
le scale, così accigliato, il suo silenzio così incollerito
e sprezzante, che io sentivo che l'indurlo a guardarsi intorno con occhi
umani, a scambiare qualche parola cortese col portiere o col proprietario
che ci precedevano aprendo le imposte, era un'impresa impossibile. Gli
dissi allora che mi era odioso il suo modo di trattare quei poveri portieri,
o quei poveri proprietari, i quali non avevano nessuna colpa se a lui
non piacevano le loro case; e dopo questa mia osservazione, divenne coi
portieri e coi proprietari gentilissimo, cerimonioso, quasi servile: manifestava
un profondo linteresse all'appartamento,
metteva il naso negli armadi a muro, perfino diceva quali lavori sarebbe
stato (vedi futuro nel passato) utile fare: e io le prime volte
mi lasciai trarre in inganno, m'illusi che forse la casa che stavamo guardando
gli piacesse un poco; ma non tardai a capire che quel suo comportamento
gentile era ironico verso di me, e che l'idea di prendere una simile casa
non lo sfiorava nemmeno.
Ricordo con estrema precisione lo squallore di certe case che interessavano
me: certe case in Monteverdevecchio, ingiallite, cadenti, in uno stato
di profondo abbandono: giardinetti umidi, lunghi corridoi bui, lampade
di ferro battuto dalla luce fioca, salottini dai vetri colorati dov'erano
sedute delle vecchiette con lo scaldino; cucine con odore
d'acquaio.
Natalia Ginzburg. Mai devi domandarmi
17. Niente è accaduto. Sono a casa da sei
mesi, e la guerra continua. Anzi, adesso che il tempo si guasta, sui grossi
fronti gli eserciti sono tornati a trincerarsi, e passerà un altro
inverno, rivedremo la neve, faremo cerchio intorno al fuoco ascoltando
la radio. Qui sulle strade e nelle vigne la fanghiglia di novembre comincia
a bloccare le bande; quest'inverno, lo dicono tutti, nessuno avrà
voglia di combattere, sarà già duro essere al mondo e aspettarsi
di morire in primavera. Se poi, come dicono, verrà molta neve,
verrà anche quella dell'anno passato e tapperà porte e finestre,
ci sarà da sperare che non disgeli mai più.
Abbiamo avuto dei morti anche noi. Tolto questo e gli allarmi e le scomode
fughe nelle forre dietro i beni (mia sorella o mia madre che piomba a
svegliarmi, calzoni e scarpe afferrati a casaccio, corsa aggobbita attraverso
la vigna, e l'attesa, l'attesa avvilente), tolto il fastidio e la vergogna,
niente accade. Sui colli, sul ponte di ferro, durante settembre non è
passato giorno senza spari -spari isolati, come un tempo in stagione di
caccia, oppure rosari di raffiche. Ora si vanno diradando. Quest'è
davvero la vita dei boschi come si sogna da ragazzi. E a volte penso che
soltanto l'incoscenza dei ragazzi, un'autentica, non mentita incoscenza,
può consentire di vedere quel che succede e non picchiarsi il petto.
Del resto gli eroi di queste valli sono tutti ragazzi, hanno lo sguardo
diritto e cocciuto dei ragazzi. E se non fosse che la guerra ce la siamo
covata nel cuore noi altri -noi non più giovani, noi che abbiamo
detto "Venga dunque se deve venire"- anche la guerra, questa guerra, sembrerebbe
una cosa pulita. Del resto, chi sa. Questa guerra ci brucia le case. Ci
semina di morti fucilati piazze e strade. Ci caccia come lepri di rifugio
in rifugio. Finirà per costringerci a combattere anche noi, per
strapparci un consenso attivo.
Cesare Pavese. La casa in collina
18.
Di solito chi evade da un carcere lo fa con la complicità di
qualcuno all'esterno, ad esempio di una persona che lo aspetta con l'automobile
e gli fa proseguire la fuga. Ma la tua diffidenza, unita al gusto del
gioco impossibile, aveva scartato questa soluzione e proibito a Morakis
di cercare aiuto. Nessuno doveva sapere che saresti scappato con lui,
tutto doveva essere affidato alla sorte e alla tua iniziativa, sicché
sulla strada non c'era anima viva. "E ora?" chiese Morakis. "Ora si prende
l'autobus". "L'autobus!?" "Sì, l'autobus: come si conviene a due
caporali in libera uscita." L'autobus stava arrivando, salisti insieme
a Morakis, e non ci volle a capire che era stato un errore: con l'uniforme
così strappata e malconcia, tutto sembravate fuorché due
caporali in libera uscita. Il bigliettaio vi guardava perplesso: "Una
rissa?" "Eh, sì. Un farabutto s'era permesso d'insultare l'esercito".
"Andate in città?" "No, scendiamo alla prossima fermata". Scendeste.
Morakis appariva sempre più inquieto. "E ora?" "Ora si prende un
taxi". Passò anche il taxi. Vi raccolse per qualche chilometro
perché serviva soltanto la zona di Boiati. Dopo rieccovi a piedi,
protetti dal buio e nient'altro. "E ora?" "Ora tolgo l'uniforme". Ti nascondesti
dietro un albero, prendesti gli abiti che avevi messo nella borsa di Morakis,
ti cambiasti con un respiro di sollievo: in tal modo si sarebbero perse
le tracce di due caporali in divisa. "E ora?" "Ora cerchiamo un secondo
taxi, e poi un terzo, fino ad Atene". Il terzo taxi vi portò in
città a mezza notte, e fu a questo punto che venne a galla la fragilità
sconcertante d'un piano affidato alla sorte: Nascondersi dove? Durante
i preparativi Morakis t'aveva chiesto più volte: "Dopo dove andrai?
Io posso rifugiarmi presso una ragazza, un parente, ma tu? La tua famiglia
è sorvegliata, i tuoi compagni sono in prigione. Come te la caverai?"
E tu gli avevi sempre risposto: "Non preoccuparti, mille case son pronte
a ospitarmi"
Oriana Fallaci. Un uomo
19. Ma perché Madame le raccontasse
tutto questo non riusciva a capirlo. Chi lo sa se era stata lei a lasciare
il marito o se era stato il marito ad abbandonarla: parlava parlava, le
piaceva solo parlar degli altri e lei era stata una stupida a confidarle
tutta la sua storia con Vittorio, come l'aveva conosciuto e come s'erano
innamorati e come era andata a stare con lui, ma di questo marito intanto,
Monsier Grelier, lei non sapeva nulla, ad esempio, e neppure se era biondo
o bruno grasso o magro basso o alto: che faceva?, l'assicuratore?, il
ferroviere? Forse era stato lui a piantarla, l'aveva piantata semplicemente
perché a un certo punto si era stufato di stare a sentirla, di
sentirla parlare e vedere che non smetteva mai e che fra le labbra le
nasceva quel coagulo di saliva bianco mucillaginoso un po' sporco di rossetto
che pareva l'immagine stesa della sua inarrestabile loquacità...
La fissava incantata, sconcertata. Sì, era succeso anche un'altra
volta, seguitava a raccontare Madame, era successo pochi mesi addietro.
Lei non riusciva a prendere sonno per il forte caldo, stavolta sì
che faceva caldo e non si muoveva una foglia nel giardino, ed anche quell'estenuata
immobilità contribuiva a rendere più profondo il silenzio
e a un tratto aveva avuto la sensazione di udire un passo nel corridoio
del primo piano ed era scesa a controllare: si trattava di nuovo di Fabrizio
che implorava di entrare nella camra matrimoniale, solo che adesso doveva
aver sentito avvicinarsi qualcuno e aveva fatto in tempo a infilarsi nella
stanza attigua ma lei, madame, ugualmente era riuscita a vederlo e lei,
Lavinia, sorrise e annuì sicura che Madame si fosse levata apposta
per sorprenderlo, spinta dalla curiosità o da quell'oscura meschina
inconfessata perversità di fargli notare che qualcuno conosceva
-sorvegliava- questa segreta umiliazione.
Michele Prisco. Una spirale di nebbia
20. Il treno si fermò bruscamente con uno
stridìo di ruote e sbuffi di vapore. Il finestrino di uno scompartimento
si abbassò e sbucarono le teste di cinque ragazze. Alcune avevano
i capelli ossigenati, con boccoli sulle spalle e ricciolini sulla fronte.
Cominciarono a ridere e a cicalare, chiamando: "Elsa, Elsa!". Una rossa
vistosa, con un fioco verde nei capelli, gridò alle altre: "Eccola!"
e si sporse esageratamente dal finestrino facendo larghi gesti di saluto.
Elsa allungò il passo e si portò sotto il vagone toccando
le mani festanti che si tendevano verso di lei. "Corinna!" esclamò
rivolta alla rossa vistosa, "come ti sei conciata?".
"Dice Saverio che piaccio così", rise Corinna strizzando l'occhio
e ammiccando con la testa verso l'interno dello scompartimento. "Sali,
presto, non vorrai mica restare in questo posto," disse con una voce di
falsetto. Poi cacciò un piccolo urlo: "Uh, ragazze, c'è
un Rodolfo Valentino!"
Tutte le ragazze si sporsero e cominciarono ad agitare le mani per richiamare
l'attenzione dell'uomo indicato da Corinna. Eddie fu costretto a uscire
da dietro il cartello degli orari sul marciapiede e venne avanti con flemma,
il cappello sugli occhi. In quello stesso momento due soldati tedeschi
entrarono nella stazione dal cancello di fondo e si diressero verso lo
stanzino del capostazione. Dopo pochi secondi il capostazione uscì
con la bandierina rossa e andò verso la locomotiva con un passo
svelto che sottolineava la goffaggine del suo corpo grassottello. I due
soldati si erano piantati di fronte alla cabina dei comandi come se dovessero
fare la guardia a qualcosa. Le ragazze erano ammutolite e seguivano la
scena con preoccupazione. Elsa posò la valigia per terra e guardò
Eddie con aria smarrita. Lui le fece cenno di proseguire e si sedette
su una panchina sotto un cartello pubblicitario della riviera, trasse
di tasca il giornale e vi affondò il viso.
Corinna aveva seguito la scena e parve aver capito tutto. "Vieni, cara,"
gridò, "ti vuoi decidere a salire?" Con la mano accennò
un frivolo ciao ai due soldati che la guardavano e sfoderò un sorriso
smagliante. Intanto il capostazione stava ritornando con la bandierina
arrotolata sotto il braccio e Corinna gli domandò cosa stesse succedendo.
"Chi lo capisce e bravo," rispose l'omino stringendosi nelle spalle, "pare
che dobbiamo aspettare un quarto d'ora, ma il perché non lo so,
sono gli ordini".
"Oh, ma allora possiamo scendere a sgranchirci un po' le gambe, vero ragazze?"
pigolò Corinna tutta giuliva; e in un attimo si precipitò
giù dal treno seguita dalle altre. "Tu sali," bisbigliò
passando accanto a Elsa, "ci pensiamo noi a distrarli".
Il gruppo si diresse dalla parte opposta a quella in cui si trovava Eddie,
passando davanti ai soldati. "Ma in questa stazione non c'è un
ristoro?" si chiedeva a voce alta Corinna guardandosi intorno: Era sublime
nell'attirare l'attenzione, ancheggiava ostentatamente e dondolava la
borsetta che aveva sfilato da tracolla. Indossava un vestito a fiori molto
aderente e dei sandali con la suola di sughero. "Il mare!" gridò,
"ragazze, guardate che mare, ditemi se non è divino!". Si appoggiò
teatralmente al primo lampione e si portò una mano alla bocca facendo
un'aria infantile. "Se avessi il costume sfiderei l'autunno", disse muovendo
la testa mentre la cascata di riccioli rossi le ondeggiava sulle spalle.
I due soldati la guardavano attoniti senza toglierle gli occhi di dosso.
E allora Corinna ebbe un colpo di genio. Forse fu il lampione a suggerirglielo,
o la necessità di risolvere una situazione che non sapeva come
risolvere altrimenti. Si abbassò la camicetta fino a scoprire le
spalle, si appoggiò di schiena al lampione, lasciando dondolare
la borsetta, poi allargò le braccia e si rivolse a un immaginario
pubblico, strizzando gli occhi come se tutto il paesaggio fosse suo complice.
"La cantano in tutto il mondo," gridò, "anche i nostri nemici!"
Si rivolse alle ragazze e batté le mani.
Antonio Tabucchi. Piccoli equivoci senza importanza
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